domenica 20 luglio 2014

Mercyful Fate - 9 (1999)






Tracklist:
1. Last Rites
2. Church Of Saint Anne
3. Sold My Soul
4. House On The Hill
5. Burn In Hell
6. The Grave
7. Insane
8. Kiss the Demon
9. Buried Alive
10. 9

Il canto del cigno dei Leggendari Mercyful fate è una bomba clamorosa. Passata inspiegabilmente e troppo in sordina. Mai negli anni ho sentito citare questo album in un discorso riguardante la band del Re Diamante. Citazioni che di solito si fermano ai soliti "Melissa" e "Don't Break The Oath": album meravigliosi che hanno plasmato un genere unico e considerate, a ragione, tra le pietre miliare dell'heavy metal inteso in senso ampio. Purtroppo ci si dimentica che i Danesi non sono morti nell'84 ma, tra scioglimenti, reunion, marchette per rescindere contratti discografici et similia, hanno continuato a pubblicare dischi fino al 1999, anno in cui vide la luce l'oggetto di questa recensione.

La band si presenta con questo album nella stessa formazione del precedente "Dead Again", uscito un anno prima, orfana già da qualche tempo  della presenza di Michael Denner, sostituito alla sei corde da Mike Wead, svedese della cerchia di Leif Edling e compagni, quindi sinonimo di garanzia assoluta, che peralto aveva già collaborato per alcuni anni con il Re per quanto riguarda la sua carriera solista. Formazione già consolidata, quindi, che vede, oltre ai già citati Wead e King Diamond, il buon Hank Shermann, altro fondatore del gruppo, insieme alle più recenti entrare Sharlee D'Angelo al basso (quando ancora bazzicava gruppi seri) e Bjarne T. Holm dietro le pelli.

La fase compositiva è stata lasciata interamente a Shermann e allo stesso King Diamond che, come per i suoi album solisti, tende a scrivere gran parte della musica oltre, ovviamente, ai testi, di cui è ed è sempre stato il padrone assoluto.

Sostanzialmente il sound generale dell'album non si discosta molto da quanto fatto negli ultimi anni, sia come struttura delle composizioni, basata su numerosissimi riff disposti in maniera mai scontata (caratteristica presente dagli albori della carriera della band), sia per quanto riguarda il "tiro" dell'album, sempre ben solito sia nei pezzi più veloci che nei mid-tempo, così come nelle sezioni che potremmo definire più, per modo di dire, melodiche. Chi ha ascoltato i vari "Dead Again" o "Into The Unknown" non dovrebbe avere particolari sorprese nemmeno per quanto riguarda il sound dell'album, parecchio ripulito rispetto agli inizi ma sempre molto heavy e potente.

Si parte alla grande con "Last Rites" che, dopo una breve intro srotola un tappeto di solida doppia cassa su cio vengono sciorinati i riff della coppia di chitarristi, magistralmente completati dall'inconfondibile stile vocale del Re (non devo spiegare che canta anche in falsetto, vero?) che ci racconta gli ultimi momenti di un uomo che rifiuta l'estrema unzione con grande e graditissima eresia. L'alternanza di parti veloci e rallentamenti sarà una costante di tutto il disco, e sarà impossibile avere quella sensazione sentita troppo spesso che un riff sia stato incollato ad un altro in maniera forzata: tutto scorre liscio come l'olio, o meglio come la pece. "Church Of Sain't Anne" è un mid-tempo cattivissimo ed ipnotico che costruisce l'atmosfera perfetta per una storia di corruzione veramente degna di nota, in cui a farla da padrona sono le evocazioni sulfuree del buon King Diamond, in grandissimo spolvero. "Sold My Soul" ipnotizza l'ascoltatore sin dai primi momenti per poi trasformarsi in un pezzo dal forte sapore teatrale. "House On The Hill" è sparata a mille, probabilmente il pezzo più veloce della loro intera discografia. "Burn In Hell" è una cavalcata heavy metal da manuale, incattivita da quel qualcosa in più che hanno i Mercyful Fate e che traspare da ogni singolo riff ed ogni singola nota. "The Grave" ci richiama all'immancabile appuntamento del SABBAto sera con l'apertura di parecchie fialette puzzolenti, notoriamente contenenti zolfo (dopotutto anche streghe, negromanti e satanisti vari dovranno pur arrangiarsi con ciò che trovano). "Insane" è un pezzo veloce, solido, diretto, sparato a mille sull'ascoltatore inerme. "Kiss The Demon", benchè non abbia nulla della psichedelia propriamente detta, sortisce lo stesso effetto sull'ascoltatore con le sue chitarre pulite super effettate che lasciano il posto a bei riffoni stoppati. Forse è il pezzo più insipido dell'intero album, per quanto possa essere insipido un pezzo dei Mercyful Fate, ovviamente. "Buried Alive", i cui testi potrebbero essere usciti direttamente dalla penna di Edgar Allan Poe tanto è chiara l'ispirazione. Questo è un caso palese di come la band sappia raccontare storie terrificanti dotate di una perfetta ed agghiacciante colonna sonora: uno dei momenti migliori dell'album. A chiudere il disco la title track, "9", unico pezzo scritto da Mike Wead che si discosta decisamente dallo stile della band puntando tutto sull'atmosfera diabolica ma che supera senza problemi la prova.

Insomma, se non conoscete i Mercyful Fate ascoltatelo, e andrete subito a scoprire l'intera discografia di uno dei miglior gruppi della storia dell'heavy metal, se non il migliore in assoluto. Se invece ne siete già appassionati, io vi consiglio di riprenderlo in mano e rendervi conto di cosa vuol dire essere delle leggende viventi.

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