lunedì 24 novembre 2014

Doomraiser - Erasing The Remembrance (2009)

Tracklist:
1. Pachidermic Ritual (Intro)
2. Another Black Day Under the Dead Sun
3. The Raven
4. C.O.V. (Oblivion)
5. Vanitas
6. Head Of The River (Intro)
7. Rotten River:
    Part I - The River
    Part II - On the First Day Of New Dark Year for the World 01/01/08

Il mio battesimo al verbo dei Doomraiser avvenne per caso alcuni anni fa, probabilmente nel 2009, durante una serata in cui non si sapeva assolutamente cosa combinare. Dopo vari giri  approdai ad un locale che conoscevo bene, e che nonostante fosse meta prediletta dei metallari romani, non era così rinomato per i concerti che vi si svolgevano. Solitamente ci si trovavano gruppi porno-grind vegetariani o comunque formazioni molto legate all'underground e con poco o nessun interesse di uscirci. Le dieci-venti persone che quindi formavano il pubblico non erano quindi messe in difficoltà dalla colonna enorme che troneggiava al centro della minuscola sala, riuscendo nel quasi impossibile compito di bloccare la visuale a chiunque. Insomma, per non sapere cosa combinare, decidemmo di fare il biglietto, di scendere le scale e di dare un'occhiata al concerto appena iniziato. Non sapevo di star scendendo direttamente negli Inferi.

Appena aperta la porta insonorizzata sono stato investito da qualcosa di sulfureo, da un'aura di sacralità impensabile per quel locale. A scatenare questa sensazione particolare, irripetibile e difficilmente descrivibile, possono aver concorso vari fattori, dalla sala piena ad impedire qualsiasi movimento, dal livello di coinvolgimento del pubblico, già infervorato ai massimi livelli dopo pochi secondi, dall'ottima fattura dei picture disc bellamente esposti al banchetto del merchandising e dalle vecchie glorie che negli anni ho imparato a riconoscere sotto ai più svariati palchi. Visto tutto questo, e con la band che intanto vomitava riff pesantissimi, accompagnati da un cantante nascosto dietro ad una maschera di cuoio, mai avrei pensato che questi Doomraiser, gruppo che non avevo mai nemmeno sentito nominare, potessero essere Italiani e men che meno che fossero proprio di Roma.

Negli anni ho visto i Doomraiser in azione innumerevoli altre volte, ma l'intensità di quel concerto, accompagnata dal piacere di una grande scoperta, benchè i nostri continuino ad essere una garanzia sia dal punto di vista live, sia per quanto riguarda la qualità altissima delle centellinate uscite discografiche, non è più stata raggiunta.

Era appena stato dato alle stampe questo "Erasing The Remembrance", secondo lavoro in studio,  e già la band aveva alle spalle un grandissimo debutto "Lords of Mercy", numerosissimi split con realtà anche importanti del genere, ed una lunga serie di concerti in giro per l'Europa, soprattutto in Inghilterra, con presenze quasi fisse nei festival doom-stoner et similia.

Pochissimi mesi dopo uno dei due chitarristi fu sostituito da Willer Donadoni, già in forza nei Blackland insieme a due membri dei Doomraiser, ed il gruppo virò da sonorità molto orientate verso il riffone di chitarra ad un approccio maggiormente anni '70, con gran spazio all'improvvisazione e alla psichedelia. Con lui arrivò un importante utilizzo del Moog da parte del frontman Cynar, sia in studio che dal vivo, e l'uso di una effettistica molto più elaborata che andava a contrapporsi ai riff distortissimi da manuale dell'altro chitarrista Drugo, a mio avviso la vera icona del gruppo, insieme all'inconfondibile bassista BJ.

La proposta musicale dei Doomraiser si può quindi distinguere in due fasi importanti di egual valore: una prima fase molto più riff-oriented e più legata al doom tradizionale, fortemente debitore della lezione di Pentagram, Saint Vitus e Black Sabbath ed in misura molto minore, dei Candlemass; ed una fase sempre basata su una chiara matrice doom,  ma con aspetti più sperimentali e psichedelici, a partire dal terzo album "Mountains Of Madness".

Tralasciando una descrizione dei vari pezzi che compongono l'album, poco stimolante sia nella lettura sia, da parte mia, nel dover cercare aggettivi diversi per ogni traccia, lascio al lettore-ascoltatore il compito di scoprire gemme come "The Raven", "Rotten River" o "Vanitas", dove solidi riff di chitarra, il basso martellante di BJ ed il drumming scarno ed ossessivo di Pinna (che considero il batterista perfetto per questa formazione. Non riuscirei ad immaginarmi con nessun altro dietro alle pelli, nemmeno se si trattasse di Bill Ward) vanno a costruire un tappeto sonoro solido e pesante come una montagna, su cui si stagliano gli echi lamentosi ed accorati del già citato Cynar, che assumono quasi l'aspetto di un complicato rituale nei momenti più intensi.

Oggi, nel 2014, sono cambiati entrambi gli axemen, avendo reclutato Marco Montagna e Giulio Marini, già affiatati nei Nerodia, gruppo improntato maggiormente verso un death-black dal gusto antico. Vedremo quindi a Gennaio del 2015, quando verrà presentato, su quali aspetti verterà maggiormente il prossimo lavoro "Reverse (Passaggio Inverso)". Avendo comunque la certezza di non rimanere delusi per nessuna ragione al mondo.

Ascoltateli, e andate a vederli appena ne avrete la possibilità. Sicuramente non ve ne pentirete.