martedì 3 maggio 2016

Almanac - Tsar (2016)


Tracklist:
1. Tsar
2. Self-Blinded Eyes
3. Darkness
4. Hands Are Tied
5. Children Of the Future
6. No More Shadows
7. Nevermore
8. Reign Of Madness
9. Flames Of Fate

Ammetto che ho sempre avuto stima per Victor Smolski. Anche solo per il fatto di essere probabilmente l'unico Bielorusso a non aver scelto una carriera nel porno.
Quando lo vidi per la prima volta dal vivo, anni fa, ad un Wacken qualsiasi, in cui si esibivano i Rage con la Lingua Mortis Orchestra per la solita retrospettiva orchestrale, mi colpirono particolarmente la sua raffinatezza negli assoli, un suono settato perfettamente, ma soprattutto i suoi stivali a punta lunghi un metro e mezzo.
Compositore eclettico, chitarrista solido ma mai scontato, mi ricordo di essere rimasto positivamente stupito quando ascoltai per la prima volta "Unity" dei Rage, in cui il sound tipico del gruppo non veniva affatto sacrificato, ma i riff di chitarra acquistavano in continuazione colori diversi, spaziando dal power tradizionale, al thrash, ad una sorta di funky metallico, senza tralasciare arpeggi e passaggi in fingerstyle un po' alla John 5.
Ai tempi dei Rage, Victor si era accollato, oltre al peso della composizione in tandem con il nostro adorato pelatone grassone, quello degli arrangiamenti orchestrali e di altri numerosi aspetti che, immagino, saranno passati per la produzione, la registrazione, il merchandising e l'accudimento del papà obeso di Peavy Wagner. E purtroppo, si sa, quando un musicista deve occuparsi di un gruppo a trecentosessanta gradi, rischia sia di risultare un rompicoglioni galattico (pare che Terrana, per quanto non abbia mai commentato apertamente lo split con i Rage, dica in continuazione che c'era "qualcuno" che pensava di dirgli come e cosa suonare, scatenando in lui un odio viscerale verso i chitarristi. Odio che si porta ancora appresso e che non manca di rimarcare in occasione di ogni intervista, condita da chili di sano umorismo, che quindi ci fa adorare sempre più il simpatico drummer dalla cresta calva, colui che da solo può tenere in piedi lo show di qualsiasi band gli chieda aiuto dietro alle pelli), sia finire inevitabilmente a scontrarsi con gli altri membri sulla direzione che una band debba prendere. Nel caso dei Rage trovo più che giusto che Peavy, minacciato nella sua figura di leader, abbia scelto, ovviamente, di restare senza concorrenza e di prendersi due ragazzetti che, sono sicuro, ci regaleranno l'ennesima mazzatona, anticipata dalla gobidile "My Way" di qualche mese fa. Quindi, uno dichiara di voler tornare alle origini mantenendo in piedi le 3 formazioni di casa Rage: Refuge (i Rage quelli dei primi album con Manni Schmidt), la Lingua Mortis Orchestra e gli stessi Rage, auspicando un ritorno a sonorità più thrash ("ora che il cacacazzi direttore d'orchestra se n'è andato"); e l'altro può finalmente fondare un gruppo a suo nome, prendendosi carico e curando tutti gli aspetti della pubblicazione di un disco, potendo contare sull'appoggio fiducioso di mamma Nuclear Blast che gli regala non uno ma 3 cantanti, di cui parleremo in seguito, un pugno di musicisti giovani e semisconosciuti ma affatto inesperti e un bel po' di tempo in compagnia di non so quale orchestra con cui potersi divertire a scrivere gli arrangiamenti.
Insomma, quando Smolski se ne uscì dicendo di voler dare alle stampe il debutto dei suoi nuovi Almanac, che sarebbe stato un concept sulla vita di Ivan il Terribile, primo Zar di Russia, e che sarebbe stata una sorta di proseguimento ideale del percorso intrapreso con la LIngua Mortis Orchestra, ho avuto l'intenzione di ignorarne bellamente l'ascolto. Fino a quando non è stato annunciato che i cantanti coinvolti in studio e dal vivo sarebbero stati David Readman, in forza nei Pink Cream 69 che conosco solo escono fuori nei discorsi ogni volta che si parla di Andi Deris, ma che sono sicuro siano un gruppo estremamente valido, dato che membri ed ex membri hanno colonizzato ormai qualsiasi formazione power tedesca degli ultimi 25 anni; le due cantanti della Lingua Mortis Orchestra, delle quali è rimasta solo la sempre sorridente Jeannette Marchewka, che si fa le foto con Gianni Fantoni mentre sfoggia una console per guitar-hero modificata, e il sommo Andy B Franck, singer degli immensi Brainstorm, che se ne sono usciti pochi mesi fa con un discone pesantissimo pieno di acciaio tedesco di prima qualità, e che spero di potervi raccontarvi in futuro. E insomma, per Andy hofatto un'eccezione e ho dato un assaggio al disco.
Ed è una bomba.

Parliamo di un mix di heavy-power influenzato dal thrash, venato delle pennellate barocche-neoclassiche dipinte dalla chitarra di Smolski. Il tutto legato amabilmente ad orchestrazioni mai troppo impegnative o fini a se stesse nè sovrastanti la base fornita dal nucleo della band. Produzione egregia e molto poco plasticosa per gli standard Nuclear Blast, che non arretra mai di un centimetro, rifiutandosi di sacrificare alcun briciolo di potenza in favore degli arrangiamenti orchestrali. Inutile una descrizioni prolissa dei brani: vi basti sapere che per tutto il disco Victor macina riff su riff decorandoli con i suoi fill fuori dal mondo senza mai darci l'impressione che il tutto sia un semplice divertissement con cui mettersi in mostra ma anzi, mettendosi completamente al servizio della musica. Il tutto mentre la band svolge egregiamente il proprio lavoro di supporto alla sei corde e alle tre ugole che si alternano in continuazione, con l'unico errore, se posso permettermi, di aver lasciato un po' in disparte la donzella, relegandola più che altro al ruolo di corista di lusso, nonchè esca per metallarini nelle future date dal vivo. Menzione speciale per gli assoli che risuonano nitidi, pieni, particolarissimi e coinvolgenti, mai prevedibili ma anzi continuamente cangianti, e che mettono in luce il gusto fenomenale del Bielorusso in fase sia compositiva che esecutiva.
Che altro dire? Il valore del disco cresce con gli ascolti, i cori vi si stamperanno in testa abastanza presto e l'omogeneità dell'intero disco lo farà scorrere via come acqua fresca, mandandovelo in loop senza nemmeno accorgervene.
Con questo album, Victor Smolski ha finalmente affermato il suo altissimo valore di musicista e di compositore, anche svincolato dal potente morso del Soundchaser. E finalmente, dico io, viste le ultime uscite in casa Rage, sempre pregevoli ma un po' colpevoli di andare col pilota automatico.
Ora aspettiamo la controffensiva di Peavy Wagner, che non tarderà ad arrivare.
Sparatelo dale casse a volume inumano, e nel frattempo, Caviale, Champagne e troie per tutti!

Victor pronto per andare al concerto di ДL ЬДЙФ З ЯФMIЙД: la classe, l'eleganza e la raffinatezza prima di tutto