Tracklist:
1. Under Siege
2. Titancraft
3. Way Of The Blade
4. Seize The Day
5. Gunsmoke
6. Beyond The Horizon
7. The Sun Won't Rise In Hell
8. Strike Down The Tiranny
9. Brother In Arms
10. I Surrender
11. Rebellious
Piet Sielck mi è sempre stato
parecchio simpatico. È un po' l'eterno secondo della storia
dell'heavy metal. Tanto per dire, è colui che insieme a Kai Hansen
ha inventato il power metal. Insomma, non proprio l'ultimo degli
stronzi. Sfortuna vuole che abbia abbandonato gli Helloween quando
ancora si chiamavano Second Hell e suonavano nei locali della
Germania Ovest per una cassa di birra e una ravanata di mutande da
parte della bionda ubriaca di turno. Poi entrò Weikath, e il resto è
storia. Nel frattempo il nostro Piet ha intrapreso una vita come
produttore e ha fondamentalmente tirato i fili dell'intera scena
power tedesca, tanto per citare alcuni gruppi che hanno goduto della
sua produzione: Blind Guardian, Gamma Ray, Stormwarrior, Paragon,
Persuader, Grave Digger e Headhunter.
Poi ad un certo punto ha deciso di
riprendere in mano la chitarra e ha fondato gli Iron Savior, mettendo
su una sorta di supergruppo che all'inizio contava tra le proprie
fila il vecchio amico e compagno Kai Hansen e quella mitragliatrice
umana che risponde al nome Thomas Stauch, fabbro al servizio dei
Blind Guardian che ha effettivamente bisogno di poche presentazioni.
Con la formazione leggermente rimaneggiata negli anni (Dan Zimmerman,
che ha sostituito Stauch per un paio di anni, prima di lasciare
definitivamente il posto a un altro veterano della scena di Amburgo,
Thomas Nack, già ascoltato con i Gamma Ray nei primi anni 90, e il
perfetto sconosciuto Joachim Küstner, probabilmente il coinquilino e
collega di Sielck, al posto di Kai Hansen, andatosene dopo i primi
due album) gli Iron Savior sono andati avanti pubblicando dischi su
dischi e mantenedosi su livelli qualitativi più che buoni, senza mai
sfornare capolavori immortali, e senza mai far gridare allo scandalo.
La formula è sostanzialmente quella
del tipico power metal di Amburgo, con pochissime variazioni sul
tema. I richiami ai Gamma Ray sono forti, nonostante una pesantezza
di base leggermente maggiore rispetto al gruppo dell'uomo con la
volpe in testa (ma davvero pensavate che quelli fossero i suoi
capelli?) e linee vocali allo stesso melodiche e aggressive, giocate
soprattutto sui registri medio-bassi: tanto per dare un'idea,
qualcosina in meno rispetto a Peavy Wagner, per la sua abitudine di
essere sempre un eterno secondo.
La volpe sulla testa di Kai Hansen mentre concede un'intervista a Blabbermouth |
C'è da dire che a Piet Sielck non
sembra pesare tutta questa situazione: sarebbe potuto diventare rich
and famous con gli Helloween, ma anche con i Gamma Ray, e invece si
diverte con il suo gruppo a suonare in locali da 300 persone, girando
video per i quali la Napalm elargisce un budget che sfiora le 15 mila
lire e registra i dischi che gli pare, quando gli pare, producendoli
e potendosi esprimere nel migliore dei modi senza dover chiedere
consigli a nessuno. Questa sua ottica alla do it yourself ne ha un
po' cristallizzato lo stile in una formula che richiama certe
sonorità dei migliori Accept, e le miscela, appunto, con i canoni
tipici dell'Hamburg power metal. Nei suoi dischi si sentono echi di
tutti i gruppi già citati, per i semplice fatto di essere la mente,
o almeno una delle due menti dietro a quel sound estremamente
riconoscibile e coinvolgente.
Al termine dell'articolo vi posto il
video in cui si cimenta nell'imitazione (riuscitissima) di Marco
Berry quando conduceva il gioco a premi dentro a un taxi e, oltre a
farvi una risata, soprattutto per la tristezza di un video girato con
quattro soldi e un cellulare (e a macchina ferma con la cintura di
sicurezza sennò arriva direttamente la Polizei con la squadra
Cobra11), spero vi rendiate conto della genuinità di questa gente.
Gente che, nonostante faccia video ridicoli, se ne sbatte altamente
le palle e pensa solamente a divertirsi e a registrare una musica
sanguigna e sincera, che ci fa scapocciare tutti contenti e ci fa
dimenticare per quei 50 minuti il fatto che, sì, Piet Sielck sarà
un eterno secondo, ma che effettivamente è sempre in una posizione
migliore della nostra, a pecora, a cui ci siamo ormai abituati.
Vi chiederete a questo punto come sia
questo nuovo “Titancraft”. Io vi dico che non aggiunge né toglie
niente a quello che è stato già detto con i dischi precedenti.
Probabilmente contiene cori meno memorabili rispetto ai precedenti
“Rise Of The Hero” o “The Landing”, ma è comunque pieno
zeppo di brani per cui impazzire dal vivo, marchiati a fuoco col
sigillo della città di provenienza del gruppo. Ascoltarlo non è
sicuramente una perdita di tempo, e ve lo consiglio caldamente,
insieme all'esortazione a scavare nella loro intera discografia.
Si, ok, c'è la scena di Gothenburg e
di Stoccolma, quella di Bergen, quella di Tampa e della Bay Area. Ma
altro che Sparta, QUESTA È AMBURGO!!!!!
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